Si può friggere nell’olio extravergine di oliva?
Friggere con un olio extravergine di oliva è uno dei più antichi metodi di cottura, considerata da alcuni una vera e propria arte che richiama sensazioni uditive, olfattive, visive, tattili e gustative.
L’aroma e la consistenza che essa è in grado di conferire al cibo la rendono unica ed apprezzata in tutto il mondo, e non solo a livello casalingo ma anche nei ristoranti.
La frittura è, tra i metodi di cottura, quello più antico e alcune testimonianze sono riportate già nel Vecchio Testamento.
Preconcetti di carattere nutrizionale e tossicologico hanno a lungo contribuito a generare un’immagine negativa degli alimenti fritti accusati della riduzione delle proprietà nutrizionali e della neoformazione di composti ad effetto negativo sulla salute.
Evidenze scientifiche negli ultimi anni hanno dimostrato che attraverso la scelta consapevole del tipo di olio è possibile contenere sensibilmente la formazione di sostanze potenzialmente dannose derivanti dall’ossidazione termica dei grassi.
L’entità delle alterazioni che avvengono durante la frittura, infatti, dipende da diversi fattori, alcuni dei quali sono strettamente collegati all’olio o al grasso usato per friggere, alla sua qualità iniziale e al grado di insaturazione.
Fra tutti gli oli ed i grassi, l’olio extra vergine di oliva è quello che reagisce in modo più stabile al processo ossidativo che avviene alle alte temperature di frittura (150-200°C) grazie al basso contenuto in acidi grassi polinsaturi e alla presenza di polifenoli e vitamine antiossidanti.
Ovviamente è necessario friggere con un olio extravergine di buona qualità.
Sebbene sia ampiamente noto che l’olio extra vergine d’oliva possiede una maggiore qualità sia in termini nutrizionali che sensoriali rispetto agli altri oli vegetali, il suo utilizzo in frittura rimane piuttosto limitato.
Nella ristorazione prevale l’impiego delle varietà monoseme di arachide e girasole.
Il primo, è un olio monoinsaturo ma ha lo svantaggio di essere un potenziale allergizzante per alcuni soggetti sensibili.
L’olio di girasole è un olio prettamente polinsaturo e quindi molto sensibile ai processi di termossidazione; ciononostante è largamente impiegato perché conferisce agli alimenti un colore chiaro gradito al consumatore.
A livello casalingo accade più o meno la stessa cosa.
Tra la maggior parte degli italiani, infatti, è tuttora diffusa l’errata convinzione che:
– l’olio di semi sia più valido per friggere in quanto più leggero e digeribile,
– l’olio di oliva apporti più calorie dell’olio di semi,
– per friggere si possa utilizzare un olio di “scarsa qualità”.
Niente di più sbagliato!
Non esistono oli più calorici o meno calorici di altri: tutti gli oli apportano le stesse kilocalorie per grammo, precisamente 9.
Gli oli di semi appaiono più leggeri al gusto (sono insapori ed inodori) perché provenienti da un processo di deodorazione chimica.
Al contrario l’olio extravergine di oliva caratterizza con il suo fruttato l’alimento fritto: tali note organolettiche, spesso gradite su piatti dai sapori decisi, sono da molti consumatori non apprezzate sugli alimenti fritti dove preferiscono un olio dal sapore neutro.
Inoltre, non dovremmo dimenticare che una parte dell’olio di frittura viene assorbita inevitabilmente dal cibo.
Gli alimenti durante la frittura assorbono quantità variabili di olio che vanno dal 15% al 40% anche in funzione della modalità di preparazione dell’alimento (assorbono una quantità maggiore di olio i cibi fritti in pastella, rispetto a quelli impanati e a quelli infarinati o fritti senza aggiunta di ingredienti di copertura) e tendono ad assumere una composizione in grassi simile a quella dell’olio di frittura.
Utilizzare un buon olio extravergine per friggere vuol dire dunque fare il pieno di gusto e salute!
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