Giovanni Pascoli, L’oliveta e l’orto

 In Citazioni

L’oliveta e l’orto

I

E come li amo que’ miei quattro olivi,

che al potatoio (sono morinelli)

gridano ogni anno: ― Buon per te, se arrivi! ―

 

Nonno di nonno li piantò; ma quelli

buttano ancor la mignola, mentr’esso

da un po’ non sente cinguettar gli uccelli!

 

E ne vengono, sì, sopra il cipresso

là, verso sera! Ed esso è là; ma sento

che verso sera è qui con noi, qui presso.

 

Tra lusco e brusco, egli entra lento lento,

venendo bianco dalla vita eterna,

e versa l’olio con un viso attento.

 

È lui, che il nostro lume anco governa

con que’ suoi vecchi olivi: e quando l’Ave—

maria rintocca, e splende la lucerna,

 

― Filate, o donne, ― mormora ― da brave! ―

 

II

E come l’amo il mio cantuccio d’orto,

col suo radicchio che convien ch’io tagli

via via; che appena morto, ecco è risorto:

 

o primavera! con quel verde d’agli,

coi papaveri rossi, la cui testa

suona coi chicchi, simile a sonagli;

 

con le cipolle di cui fo la resta

per San Giovanni; con lo spigo buono,

che sa di bianco e rende odor di festa;

 

coi riccioluti cavoli, che sono

neri, ma buoni; e quelle mie viole

gialle, ch’hanno un odore… come il suono

 

dei vespri, dopo mezzogiorno, al sole

nuovo d’Aprile; ed alto, co’ suoi capi

rotondi, d’oro, il grande girasole

 

ch’è sempre pieno del ronzìo dell’api!

 

III

E amo tutto: i vetrici ed i salci,

che ripulisco ogni anno d’ogni vetta

per farne i torchi da legare i tralci;

 

quella fila di gattici soletta,

alta e lunga, su cui cantano i chiù;

il canneto che stride e che scoppietta:

 

ma non sapete quello ch’amo più.

Post recenti

Leave a Comment

Contatti

0